È frutto del lavoro di ricerca di diverse équipe scientifiche dell’Università di Ferrara, lo studio italiano intitolato “Cambiamenti nell’analisi di espressione della parete della vena giugulare interna e dei livelli di proteine plasmatiche nella Sclerosi Multipla” e sostenuto dalla Fondazione Il Bene Onlus.

Lo studio multidisciplinare – portato avanti da un gruppo di biologi molecolari e biochimici guidati dal Prof. Francesco Bernardi e chirurghi vascolari dell’Università di Ferrara a cui si è aggiunto il Dottor Fabrizio Salvi, neurologo dell’Ospedale Bellaria di Bologna, storico collaboratore sul fronte neurologico della ricerca ideata dal professor Zamboni sulla CSVV circa la correlazione tra SM e sistema circolatorio – non si occupa della componente ereditaria della malattia, ma parte dalle domande poste dal team del professor Zamboni circa la correlazione tra sistema venoso e SM per verificare se tale correlazione si è verificata anche a livello genico.

I ricercatori hanno scoperto che nella vena giugulare interna di una persona che ha la malattia ci sono più di 900 geni che si esprimono in modo diverso da quelli della giugulare di persone senza malattia. E c’è una possibile correlazione tra l’attività di questi geni e l’insorgenza della SM.

Alla domanda “Perché le vene giugulari?” il prof. Bernardi risponde:

“Perché nessuno le aveva mai studiate da questo punto di vista estensivo dell’espressione genica e perché c’è a Ferrara un intenso studio sulle anomalie e disfunzioni del flusso all’interno di queste vene che drenano chiaramente sangue dal cervello, che è l’organo affetto. Il fine ultimo di questa ricerca è quello di trovare biomarcatori, sostanzialmente proteine, messaggeri che per la loro variazione (ad esempio i fluidi biologici come il plasma) sono capaci di predire la malattia, di seguirne l’evoluzione, di seguirne la progressione.”

Lo studio nasce dalla collaborazione con il prof. Paolo Zamboni che da anni studia la SM. Ma da quali domande è partita la ricerca che è stata condotta?

“È un’esigenza che non poteva essere diversa nella mente di un clinico che si accorge di un fenomeno nuovo – afferma il prof. Zamboni – come è stato renderci conto che le vene giugulari, che sono i due condotti principali che trasportano il sangue al di fuori del cervello, avessero delle differenze morfologiche nel flusso, nell’ecografia, nel doppler, nelle risonanze magnetiche e persino quando facevamo gli esami istologici, che è il massimo del picco a cui può arrivare un clinico. Oltre a quello non va. E in tutte queste fasi avevamo visto che questi condotti erano veramente molto diversi nei malati e nelle persone che non avevano la patologia. A quel punto ci siamo dovuti per forza rivolgere, avendo la grande fortuna di un piccolo ateneo con grande versatilità nella ricerca come è l’Università di Ferrara, a questa expertise così importante come il prof. Bernardi e la prof.ssa Marchetti, a cui abbiamo chiesto quali sono i geni che a un certo punti comandano l’espressione di proteine che non conosciamo e che come clinici non possiamo vedere all’interno delle pareti di queste vene.
La novità più grande è che nessuno aveva mai pensato di indagare effettivamente quali geni esprimesse la vena giugulare, sia nelle persone normali che anche nelle persone con SM. Adesso abbiamo una mappa, che è orientativamente molto importante anche perché probabilmente in futuro avrà anche delle ricadute cliniche e ci permetterà anche di scomporre ancora meglio questa malattia che ha molte facce. La SM ha tante forme e per il futuro queste vanno identificate prima perché poi ognuno probabilmente avrà un suo target terapeutico differenziato, quindi questo pezzettino è il nostro contributo importante fatto qui all’Università di Ferrara.”

È possibile sostenere il progetto di ricerca attraverso una donazione alla Fondazione Il Bene.

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